Fregata CASTORE
Cantieri navali di Taranto
Impostata 13/3/1955 varata 8/7/1956
In servizio dal 14/7/1957 fino alla fine degli anni '80
Affondata il 30 marzo 2001 al largo di Civitavecchia mentre
veniva Rimorchiata in Turchia per essere demolita
Dislocamento:
standard 1680 tonn.
normale 2137 tonn.
Dimensioni:
Lunghezza F.t. m. 103,14
Larghezza m. 12
Immersione p.c. m. 3,83
Apparato motore:
2 caldaie Poster—Wheeler
2 gruppi turboriduttori F.Tosi, BP e condens. Ansaldo
Potenza 22.000 HP
Velocità 26 nodi
Combustibile 400 tonn. Di nafta
Autonomia:
3.020 miglia a 12 nodi
2.860 miglia a 18 nodi
1250 miglia a 26 nodi
Armamento iniziale:
4 cannoni da 76 / 72 mm in due torri binate
4 mitragliere da 40 / 70 mm. in due imp, binati
2 lanciarazzi trinati da 105 mm. illuminanti
2 lanciasiluri AS da 503 mm (fino al 1963)
4 lanciabas Menoncorti (fino al 1963)
2 Impiantì trinati lanciasiluri A.S . Mark 32 (dal 1963)
dopo la trasformazione:
3 Cannoni da 76 / 72 mm Oto Melara in tre torrette
singole
2 Lancia lanciarazzi trinati da 105 mm. illuminanti
1 Lanciabas lungo trinato Menon
2 Impiantì lanciasiluri trinati A.S. Mark 32
Equipaggio:
13 Ufficiali
222 Sottufficiali e Comuni
Generalità:
Dopo l'entrata in vigore del trattato di pace, che
impose la consegna a nazioni ex nemiche o la demolizione di
un elevato numero di unità navali la Marina Militare Italiana
sì trovò di fronte all'urgente problema del rinnovamento ed
ampliamento delle esigue ed in massima parte usurate forze navali.
Nel 1950 un primo modesto programma di ammodernamento e di nuove
costruzioni venne presentato in Parlamento per l'approvazione
della prima parte, di cui facevano parte gli "Avviso scorta",
studiati interamente dal Comitato progetti navi della Marina
Militare, che rappresentavano un tipo di nave completamente
nuovo per le nostre forze navali e che si possono considerare
come le prime unità costruite nel dopoguerra guerra con criteri
veramente moderni. Il via alle costruzioni venne dato nel 1951,
ma l'inizio vero e proprio si ebbe soltanto il 15 Maggio 1952
con la posa sullo scalo dei Cantieri Navali di Taranto dei primo
troncone prefabbricato di nave “Canopo” il “Centauro” prototipo
della serie venne invece impostato a Livorno nei Cantieri Arnaldo,
il 17 Maggio dello stesso anno la costruzione delle due navi
paragonabili nelle caratteristiche e nell'armamento ai più recenti
tipi contemporanei di "DE" americani ed alle fregate Francesi
della classe "Le Corse", procedette con grande lentezza. Lo
scafo nudo e vuoto del Centauro venne varato il 4 Aprile del
1954, dopo circa due anni di permanenza sullo scalo, mentre
quello del "Canopo" scendeva in mare dopo tre anni, il 2° Febbraio
del 1955: Anche l'allestimento non fu più spedito; la verità
era che la mancanza di fondi, dovuta alle difficoltà economiche
del dopo guerra nel quale ancora si dibatteva l'Italia, pesò
su tutte le costruzioni navali di quel periodo. Un'aiuto venne
dagli Stati Uniti, che alla fine del 1953 ordinarono altre due
unità gemelle classificandole DE 10290 e DE 1021; queste, a
costruzione finita vennero assegnate all'Italia, che le denominò
rispettivamente "Cigno" e "Castore" nonostante fossero state
impostate una con due e l'altra con tre anni di ritardo rispetto
alle gemelle del programma Nazionale, Cigno e Castore, costruite
off-shoore, furono consegnate alla Marina Militare contemporaneamente
al Centauro ed al Canopo ; anzi il Cigno addirittura prima.
L'iscrizione di queste quattro unità nei quadri del navigli
militare avvenne in tempi successivi: Centauro e Canopo classificati
con definizione prettamente Italiana come avviso scorta, vennero
iscritti il 15 Novembre 1951, prima della costruzione, con decreto
P.R. riportato dalla G.U. annata 1952 dispensa n°15, Cigno e
Castore vennero invece iscritti al momento della loro consegna
alla Marina: 11 Cigno fu anch'esso classificato come avviso
scorta e iscritto il 7 Marzo 1957. A partire dai 10 Aprile 1957
le prime tre unità entrate in servizio cambiarono la classificazione
da avviso scorta a fregate A/S, con decreto del P.R. datato
13 Maggio 1957 e riportato sul G.U. annata 1957 dispensa n°17.
Pertanto il Castore, consegnato per ultimo, entrò in servizio
subito con la classifica di "Fregata Antisom" e iscritto nei
quadri del naviglio militare in data 14 luglio 1957. Prime unità
di costruzione post bellica, di disegno completamente nuovo,
di linea gradevole ma piuttosto tozza, con scafo "flush deck"
e prora a cutter, le fregate della classe Centauro non hanno
una velocità molto elevata, ma buone doti di manovrabilità ed
ottime qualità marine. Partendo dall'altra prora a cutter delle
corvette della classe Albatros ma con forme piene, il ponte
di coperta corre continuo, con ampio cavallino, fini alla poppa,
che è piuttosto stretta ed affilata con specchio inclinato e
leggermente tondeggiante. Notevole, dal punto di vista della
sicurezza, è la compartimentazione dello scafo. Tra un compartimento
e l'altro, come del resto in tutte le nuove costruzioni, sono
state abolite le porte, in modo da evitare punti di indebolimento
delle paratie stagne che dividono fra loro i vari locali. Questo
fatto ha anche portato ad una maggiore robustezza strutturale
; infatti ogni paratia diventa in questo modo, non solo stagna
ma continua nel senso della resistenza. Lo scafo a bordi arrotondati,
e completamente privo di oblò, i quali potrebbero costituire
un'eventuale via d'acqua quando l’unita, per una qualsiasi ragione,
dovesse trovarsi in condizioni critiche di galleggiabilità e
di stabilità. Non solo: l'abolizione degli oblò ha reso più
resistenti le murate evitando altresì l'ingresso all'interno
dello scafo di eventuali nebbie radioattive dovute ad esplosioni
nucleari. Le sovrastrutture, armonicamente disposte, hanno su
queste navi un notevole sviluppo. Constano di un voluminoso
cassero centrale spostato verso proravia che prosegue verso
poppa in una lunga e larga tuga e sormontato da una costruzione
a due piani, Per la prima volta, dopo molti anni, ricompaiono
su unità di modesto tonnellaggio, due fumaioli, dì non grandi
dimensioni, che, disposti simmetricamente rispetto alla prora
ed alla poppa contribuiscono a dare una certa eleganza e sveltezza
alla linea non troppo slanciata di queste fregate. Le sistemazioni
interne sono molto curate, anche se una certa deficienza di
spazio si fa sentire a causa del voluminoso apparato motore
a vapore, delle forme stellate della prora e della poppa e del
numero di apparecchiature ed automatismi installati. Questi
ultimi non certo sviluppati come sulle unità di più recente
costruzione, hanno consentito di ridurre il numero degli uomini
imbarcati, richiedendo però per ognuno di essi una specializzazione
più spinta. L'equipaggio è alloggiato in tre locali, uno a poppa
e due a prora sottocoperta e sotto copertino, gli uomini dormono
in cuccette ribaltabili. La mensa equipaggio, organizzata tipo
tavola calda, è ubicata sulla sinistra del cassero centrale
ed e raggiungibile sia dai locali prora sia da quelli di poppa
senza uscire in coperta. I sottufficiali hanno i loro camerini
da uno o più posti, alcuni all'interno del cassero, altri sottocoperta
i in mediatamente a proravia dei locale caldaie di prora, ed
il loro quadrato si trova nella tuga in coperta a centro nave
immediatamente a proravia del secondo fumaiolo. I camerini degli
ufficiali sono invece ubicati, parte sulla dritta del cassero
centrale e parte, compreso l'alloggio del comandante ed il quadrato,
nel piano inferiore della tuga sovrapposta al cassero stesso.
I principali locali di comando, per il governo della nave sia
in navigazione che in combattimento, si trovano distribuiti
nella sovrastruttura principale. Anteriormente a questa tuga
si ha il ponte di comando, molto ampio ed aperto, per la protezione
del personale di guardia dal vento e dai colpi di mare, lo stesso
è dotato di schermi aerodinamici vetri abbassabili e, nella
centrale, di un tettino in plexiglas che lascia ampia visibilità
superiore. La timoneria chiusa si trova al centro della grande
plancia dietro la timoneria, nel piano superiore della tuga,
abbiamo la Centrale Operativa di Combattimento C.O.C le Stazione
operativa radar. Al piano inferiore, sotto il ponte di comando
la centrale Antisom e più a poppavia la stazione R.T. principale,
Centrale AS-SIOC Antisom servizio informazioni operazioni combattimento
La centrale di tiro di tiro principale è posta sotto coperta
a centro nave, mentre una stazione di tiro secondaria trova
posto nella piccola tuga posta a poppavia del secondo fumaiolo.
Caratteristica di queste fregate è il grande albero a tripode
che sorge anteriormente al primo fumaiolo e che, oltre a sostenere
le antenne dei radar ed una piattaforma con proiettore e dotato
di un m pennone per la manovra delle bandiere da segnalazione
largo quanto l'intera nave. Un altro albero più picciolo s'innalza
dalla sovrastruttura a poppavia del fumaiolo del secondo fumaiolo.
Data la non eccessiva velocità operativa di queste navi, un
solo timone semi compensato di ampia superficie e sufficiente
a conferire loro buone qualità manovriere. Le ancore di posta
sono due, a marre articolate tipo Hall, e come su tutte le unità
di piccolo tonnellaggio manovrabili da un solo argano elettrico
posto sull'estrema prora. L'apparato motore è costituito da
due gruppi di turbine a vapore Ansaldo, indipendenti fra loro
e posti in due compartimenti stagni separati ed agenti ognuno
su un'elica mediante ingranaggi di riduzione. Ogni gruppo si
compone di un a turbina ad alta pressione che ha incorporata
la palettatura di crociera e di una turbina di bassa pressione
che ha incorporata la palettatura per la marcia indietro. II
vapore necessario al funzionamento delle turbine è prodotto
da due moderne caldaie POSTER WHEELER, la cui temperatura di
esercizio è di 410°c e la pressione di 43atm. La potenza complessiva
sviluppata dall'apparato motore è di 22.000HP, capace di imprimere
all'unità una velocità massima di circa 26 nodi. Detta velocità
non è molto elevata ma è sempre tale di consentire a queste
unità di avere la necessaria prevalenza sul convoglio scortato,
Per maggiore sicurezza e per poter continuare la navigazione
anche con una sola elica, in caso di colpo a bordo l'apparato
motore e diviso in due gruppi distinti ed autosufficienti. Il
gruppo più a proravia, che agisce sull'elica di dritta, consta
di una caldaia la cui canna fumaria finisce nel fumaiolo prodiero
e di un gruppo turbo riduttore posti in due locali separati
e contigui. Il gruppo di sinistra è analogo al precedente e
la canna fumaria sfoga nel fumaiolo poppiero. A centro nave,
infine, fra i locali e dei due gruppi si trova la centrale elettrica
principale che alimenta rutti i circuiti di bordo per mezzo
di tre diesel alternatori Mayback per una potenza complessiva
erogata di 200Kw. I locali abitati delle sovrastrutture possono
essere ventilate mediante normale circolazione d'aria: ognuna
delle quattro fregate è dotata anche di un'impianto di condizionamento
completo a ciclo chiuso o aperto per tutti i locali abitati
ed operativi, che unitamente ad un'impianto di lavaggio esterno
ed ad un sistema automatico di allarme e rivelazione, permette
alle navi di permanere ed operare in zona di ricaduta radio
attiva. Pur trattandosi, in fondo, di navi di transizione, esse
sono provvedute di apparecchiature radar ed ecogoniometriche
di notevole sensibilità i cui dati vengono elaborati dalla Centrale
Operativa di Combattimento, dalla centrale di tiro e della centrale
antisom, che permettono una costante valutatone della situazione,
sia nell'aspetto generale operativo che in quello specifico
della minaccia nelle varie forme. All'entrata in servizio le
apparecchiature elettroniche di scoperta presentavano delle
diversità rispetto alle attuai i identiche per tutte le unità
della serie Centauro e Canopo avevano un radar americano ASP/NS
6 per scoperta aeronavale con copertura fino a 250 Km. Cigno
e Castore costruite off-shore montavano invece un radar Microlambda
di costruzione nazionale. Nei 196° l'apparecchiatura è stata
uniformata e da allora tutte e quattro le unità della classe
montavano il radar ASP/ NS 6. Oltre al radar principale si aveva
in una coffa più sopraelevata quasi in testa all'albero, un
radar Selenia di costruzione nazionale di scoperta in superficie
su bassi siti fino a circa 9 Km. Nel 1964 questo tipo di radar
è stato sostituito con uno Jason di tipo più moderno. L'apparecchiatura
ecogoniometrica per la ricerca dei sommergibili immersi costa
di un sonar panoramico ad alta frequenza di costruzione americana,
tipo AN/SQS-11A, il cui proiettore sporge sotto la chiglia verso
prora entro un bulbo carenato Per quanto riguarda l'armamento,
possiamo dire che nonostante il lungo periodo di allestimento
di queste navi, l'adozione di armi moderne antiaeree e antisom
fece si che alla loro entrata in servizio le fregate della classe
"Centauro" erano navi senz'altro all'altezza dei tempi e perfettamente
idonee alla scorta dei convogli. L'armamento antiaereo e navale
comprendeva : 4 cannoni da 76/62 mm AA Oto Melara, i cannoni
da 76, in una sistemazione binata a canne sovrapposte che, geniale
nella concezione, non ha però dato i risultati di praticità
sperati e che non sarà quindi ripetuta su nessuna altra unità,
erano armi modernissime progettate per un'eventuale complesso
a quattro canne mediante accoppiamento di unità binate. Il caricamento
era completamente automatico e continuo, con elevata frequenza
di tiro: 60 colpi al minuto, Rispetto al tipo SMP 3 imbarcato
sulle corvette della classe Albatros e da cui questi derivano,
presentando soltanto l'innovazione del caricamento continuo
per mezzo di apposite norie a qualsiasi elevazione, ciò che
consentiva la più elevata cadenza di tiro. Le due torrette abbinate
erano asservite ad una centrale D.T. tipo NSG con radar di tiro
MLT 4 ed ad una colonnina di direzione tiro. 4 mitragliere antiaeree
Breda-Bofors da 40/70 mm. in impianti binati posti su apposite
piazzole a destra e sinistra della tuga centrale a poppavia
del secondo fumaiolo, i due impianti di mitragliere antiaeree
erano asserviti elettronicamente a due colonnine di punteria
Galileo OG 1 poste in apposite piazzole nella tughetta poppiera,
immediatamente a poppavia del secondo fumaiolo Queste armi però,
benché ottime e di funzionamento preciso e sicuro, furono le
ultime ad essere imbarcate su unità di notevole tonnellaggio.
Esse infatti ritenute ormai superate per la relativa efficacia
dimostrata dal tiro antiaereo ravvicinato contro i moderni reattori,
non compariranno mai più su navi nuove, avendo la Marina Militare
Italiana adottato come calibro antiaereo il 76 mm 2 Lanciarazzi
trinati da 105 mm telecomandali per il tiro notturno, a completamento
dell'armamento antiaereo e navale, i due impianti si trovano
sul cassero centrale, uno per lato, immediatamente a proravia
del ponte di comando. L'armamento antisom all'entrata in servizio,
era composto di: 1 lanciabas lungo trinato tipo Menon, posto
a prora sul cassero immediatamente a poppavia delta torre da
76 mm. 4 Lanciabas Menon corti, disposti in coperta due per
lato quasi a centro nave, ma leggermente spostati verso poppavia.
2 Guide fisse per il lancio di siluri antisom da 553 mm. posta
sulla tuga fra i due fumaioli, una a dritta ed una sinistra
denominata tuga siluri. 1 tramoggia da 10 bombe torpedini da
getto, posta ad estrema poppa al centro dello specchio. IL lanciabas
trinato da 305 mm., progettato e costruito interamente in Italia,
deriva dal Limbo Inglese e può lanciare una salva di tre grosse
bombe antisom ad una distanza massime di 1500m, sparate le tre
cariche l'arma va ad una massima elevazione di 90° e viene automaticamente
ricaricata, mentre le spolette vengono ricaricate direttamente
dalla Centrale Antisom, in base ai dati forniti dall'ecogoniometro,
la gittata viene regolata mediante variazioni della potenza
della carica di lancio, l’arma piuttosto ingombrante, e racchiusa
in una torretta brandeggiante da cui sporgono le ire lunghe
canne. I lanciabas pirici Menon posti sui due lati della nave,
sono stati sostituiti insieme alle due guide lanciasiluri poste
sulla tuga centrale. su tutte e quattro le unità, negli anni
1963/64con due lanciasiluri trinati antisom tipo Mark 32 posti
sui due lati della nave nella posizione di centro nave dove
antecedentemente erano piazzati i lanciabas corti Menon nel
1966 venne dato corso ad un programma di ammodernamento e trasformazione
delle quattro unità che rimasero in servizio fino alla metà
degli armi ’80.
Per ricordare:
sottocapo F.O. Duse Aristide 1943/3°
Chioggia (VE)
marinaio F.C. Celli Vittorio 1943/4° Casteldel
monte (AQ)
marinaio F.O. Franzese Domenico 1943/6° Napoli
marinaio R.D. Pardini Franco 1944/5° Savona
Deceduti nella collisione con nave Etna, avvenuta la sera del
22 marzo 1965 alle ore 21,05 10 miglia a levante di Punta Stilo
Cronaca della collisione, come riportata dal Bollettino di Informazione
della Marina Militare n.3-4 Aprile i965: COLLISIONE AVVENUTA
AL LARGO DI PUNTA STILO FRA LE NAVI "ETNA" E “CASTORE" LA SERA
DEL 22 MARZO
La sera del 22 marzo c.a. 10 miglia a levante di Punta Stilo,
durante una esercitazione di protezione di convoglio nella quale
nave Etna rappresentava il convoglio e Castore e Rizzo ne costituivano
la scorta, le prime due unità entravano in collisione fra loro.
Non appena avvenuta la collisione i comandi di nave Etna e della
fregata Castore prendevano tutti i possibili provvedimenti ad
assicurare la galleggiabilità e la sicurezza delle due unità,
e su nave Castore si dava immediatamente inizio all'opera di
soccorso degli uomini che si trovavano all'atto del sinistro
nella zona danneggiata. Mentre su nave Etna i danni erano limitati
nella zona di estrema prora, su nave Castore la prora dell'Etna
era profondamente entrata nello scafo a circa 15 metri dalla
poppa estrema, zona occupata dal locale equipaggio n 6 e dal
deposito BAS. La parte del Castore a poppavia dello squarcio,
risultava praticamente troncata dal resto dello scafo e trattenuta
ad esso unicamente dall'asse sinistro dell'elica, da cavi elettrici
e da una lamiera del fasciame del lato sinistro. Accertata la
situazione veniva effettuato i! puntellamento di una paratia
stagna principale a proravia della zona danneggiata e venivano
messi in atto tutti i possibili provvedimenti atti a prevenire
ulteriori danni quali incendi ecc ed iniziava contemporaneamente
l'opera dei soccorso del personale che si trovava nella zona
devastata dall'urto. Successivamente si provvedeva anche ad
assicurare con mezzi di fortuna il troncone poppiero della nave
alla parte anteriore della stessa, onde evitare che improvvisi
movimenti del troncone potessero produrre ulteriori danni alla
parte restante della nave, alta quale esso era collegato come
già detto dall'asse sinistro dell'elica. Nell'ardua opera svolta
dal personale di bordo per assicurare la galleggiabilità dell'unità
danneggiata e per dare soccorso agli infortunati, è risultato
palesemente prezioso l'ottimo grado di efficienza raggiunto
dal personale grazie ai periodici tirocini di addestramento
al Servizio di sicurezza che tutti gli equipaggi seguono presso
il Centro addestramento servizi di sicurezza di Tarante. Mentre
nave Etna scortata dal CT Indomito raggiungeva con i propri
mezzi Taranto la sera del 23, il Castore, veniva preso a rimorchio
dal Rizzo e scortato dal Garibaldi nella notte fra il 23/24
raggiungeva Messina e veniva immesso immediatamente in bacino.
Purtroppo l'incidente oltre ai danni materiali ha causato la
dolorosa perdita di quattro componenti dell'equipaggio del Castore
ed i! ferimento di altri 11 componenti dell'equipaggio. Le vittime
sono; sottocapo FO Duse Aristide 1943/3°, FO Celli Vittorio
1943/4°, Franzese Domenico 1943/6°, Pardini Franco 1944/5°.
Accertata la mancanza dei quattro uomini subito dopo l'incidente,
navi ed elicotteri ne iniziavano le ricerche protrattesi sino
all'alba del giorno successivo, purtroppo, senza alcun risultato.
Le salme di due delle quattro vittime e precisamente Quelle
del S.c.F o. Duse Aristide del F.o Celli Vittorio, sono state
rinvenute successivamente nel troncone di poppa mentre gli altri
due marinai invece sono risultati dispersi in mare. Non è facile
raccontare tutti gli episodi e dei loro protagonisti, avvenuto
subito dopo la collisione fra la nave trasporto Etna e la fregata
Castore, gli stessi protagonisti non ne parlano, hanno fatto
le cose che dovevano fare, così come le avevano imparate ed
eseguite nel corso delle esercitazioni , in primo stato di sicurezza,
tutte nella massima calma e nel massimo ordine, se qualche eccitazione
e molta ansia vi sono state, ciò è avvenuto soltanto nel cercare
di prestare soccorso a coloro che erano impediti a muoversi
nel locale n°6 quello che è stato quasi completamente distrutto
dalla collisione.Le macchine si erano fermate di colpo, contemporaneamente
è mancata l’energia elettrica, forza e luce, a tutta l’unità
e rimangono tutti al loro posto.Il Capo MC di 2’ cl. Giuseppe Magagni si reca subito nella
zona C e provvede a verificare la chiusura della portelle ria
orizzontale; poi insieme al 2° Capo El. Carmine Cavezza, al
2° Capo Caf Giorgio Lisci che insieme al Caf. Ruggeri era subito
sceso nel deposito munizioni della zona danneggiata. Il Tenente
di Vascello Antono Staglianò, insieme al Nostromo Capo di 3’
Cl. Fregonese, ed il Capo Mc di 2 cl. Tedesco, giunge nel locale
6 dopo la collisione ed inizia l’opera di ricerca soccorso e
recupero del personale ivi immobilizzato, insieme al Capitano
G.n. Gian Carlo Secco ed al Capitano A.N. Rossi lavorerà nel
locale danneggiato fino a che l’ultimo superstite, il Fcg Raffaele
Monsurrò, non verrà estratto circa tre ore e mezzo dopo la collisione,
il primo ad essere liberato è il S. Antonio Bosco rimasto incastrato
fra la cuccetta e una condotta di ventilazione. Il TV Staglianò
ed il Nostromo trasportano il Bosco nel locale 5. Per gli altri
il lavoro si presenta più difficile, il S. Chianura viene liberato
dal Serg. Nostromo Salvatore Morsillo che il TV Staglianò aveva
fatto chiamare per la sua non comune forza. Intanto il F.to
Francesco Giampaglia, di guardi in caldaia di poppa, era chiamato
nel locale 6 con l’apparecchiatura per tagliare con la fiamma
ossidrica. Taglia alcuni tubi di telai di brande facilitando
l’opera del Morsillo e quindi inizia il lavoro per fare strada
al fine di liberare il Monsurrò. Lavora con tanta foga che si
ferisce ad una mano, con l’aiuto del Sc Ma/Pc Della Valle tampona
la ferita e continua a lavorare finchè sviene e viene sostituito.
Molti vogliono accorrere nel locale, ma occorre non appesantirlo
il troncone di poppa perché potrebbe rovesciarsi da un momento
all’altro e trascinare sott’acqua i soccorritori. Il Comandante
in 2’ CC Bolognesi, dopo avervi fatto un accurato sopralluogo
regola il turno di quelli che si debbono recare nel troncone
di poppa, al fine di garantire un lavoro razionale e redditizio
e nello stesso tempo di farvi lavorare per quanto possibile
persone fresche di energie. Il T GN Bolcano, il Serg. Fc. Mariani,
il Serg. T. Usai e i Sc. E. Carneglia e Ariano ed altri si alternano
a lavorare nel locale fino a il Monsurrò viene liberato ed il
troncone di poppa assicurato con cavi di acciaio e di canapa
alla parte intatta dell’unità. Il Ten Medico Antonio Catapano,
imbarcato sull’Etna, viene inviato sul Castore, vi discende
lungo il fuoribordo dell’Etna, a mezzo di una biscaglina pochi
istanti dopo la collisione. Organizza assieme al Sc I. Sergio
Bertucco, l’infermeria di emergenza presso il quadrato ufficiali
ed inizia la sua opera verso i feriti; più tardi verrà coadiuvato
da altri due medici inviati da altre navi. Cura i feriti in
infermeria e si reca nel troncone per curare il fuochista Monsurrò.
Rimane ne Castore per tre giorni, coadiuvato efficacemente dal
Sc. Bertucco, previene crisi di nervi postume, con instancabile
sorveglianza ed
azione psicoterapeutica ...... Il 25 marzo nella seduta pomeridiana
della Camera dei Deputati l’On Mario Marino Guadalipi, Sottosegretario
alla Difesa ha detto: Anche a nome del Ministro e degli altri
Sottosegretari alla difesa, mi sia consentito esprimere la nostra
fraterna partecipazione e cordoglio a questo momento di lutto
e di dolore della Marina Militare. Dopo aver succintamente descritto
le circostanze nelle quali era avvenuta la collisione lo Onorevole
Guadalupi ha così proseguito :L'incidente è avvenuto mentre
parte del personale si trovava nel locale investito per il turno
di riposo. Pur nella sua gravita va considerato fra i rischi
conseguenti l'addestramento delle marine da guerra e non è certo
nuovo nella storia delle varie marine. Possiamo dire che nella
nostra Marina militare essi sono fortunatamente molto rari:
La collisione nel suo aspetto tecnico navale, nelle sue causali,
come per ogni eventuale responsabilità, dovrà essere esaminata
nelle dovute forme regolamentari. Le circostanze successive
cui l'incidente ha dato luogo pur nella sua tragicità, hanno
messo in luce l'alto grado di addestramento degli equipaggi,
il cui comportamento è risultato superiore ad ogni elogio, sia
come disciplina che come addestramento marinaro. I marinai del
Castore infatti, lavorando in condizioni estremamente difficili,
si sono prodigati all'estremo per soccorrere i feriti e salvare
l'unità basti pensare che per salvare uno dei feriti rimasto
imprigionato fra le lamiere, sono state necessarie oltre tre
ore di lavoro nella zona più esposta e con rischi non lievi
per coloro che lo eseguivano. Si deve a questo magnifico comportamento
che l'incidente non abbia assunto ben più tragiche conseguenze
e proporzioni. Altro elemento decisamente positivo e l'ottima
qualità delle nuove costruzioni navali. Malgrado l'entità dello
squarcio e dei danni riportati, l'unità ha conservato la sua
galleggiabilità sia immediatamente dopo l'urto che durante tutte
le operazioni di soccorso e rimorchio, consentendo così il rimorchio
ed il ricovero nel porto di Messina, l'unità potrà cosi essere
presto ripristinata nella su a piena efficienza. Una magnifica
e chiara testimonianza sul comportamento degli equipaggi di
fronte alla sciagura è quella offertaci dai giornalisti imbarcati
sulle varie unità per assistere all'esercitazione, molti dei
quali hanno avuto !a possibilità di assistere da vicino a tutte
le operazioni di soccorso. Una inchiesta per accertare le eventuali
responsabilità, è stata immediatamente disposta dal Comando
in Capo della Squadra Navale secondo le normali procedure in
vigore. Nel pomeriggio del 25 Marzo si sono svolti a Messina
i solenni funerali del Sc Fo Aristide Duse e del Fo Vittorio
Celli le cui salme erano state recuperate nella parte danneggiata
della nave, e nella notte trasferite ai loro paesi di origine.
Mentre le salme del Fo Domenico Francese e del RD Franco Pardini
riusultano disperse in mare.